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Perché una strategia digitale multicanale salverà la vita (del tuo business)
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Perché una strategia digitale multicanale salverà la vita (del tuo business)

27 Marzo 2017 /Posted byAlberto Pozzi

Nel corso dell’ultima settimana sono accadute tre cose che mi hanno fatto riflettere molto. Ho vissuto tre fatti che hanno destabilizzato alcune certezze, e che mi hanno ammonito ancora una volta su un tema a me molto caro: tutte le cose sono in perenne mutamento, soggette a disfacimento, spesso imprevedibile.

Penso, infatti, che sia sempre opportuno “vedere” il cambiamento nelle cose, e sviluppare l’adattamento come un’attitudine quotidiana. Calato nel contesto digitale, questo principio ammonisce che lo sviluppo lungimirante di un business digitale non dovrebbe basarsi su un singolo strumento di comunicazione digitale, dando invece opportuna attenzione e energia alla multicanalità.

E allora, perché una strategia digitale multicanale salva la vita del tuo business?

1. La chiusura di DMOZ

Per i più giovani e per chi non lo conosce, DMOZ era l’ultima directory compilata a mano ancora in funzione. Prima dell’avvento di Google, e in generale prima dei motori di ricerca con spider automatici di indicizzazione, esistevano le directory. In Italia c’era Virgilio, con cui ho operato per molti anni; c’era Yahoo, prima che diventasse anche lui un motore a indicizzazione automatica, e c’era appunto DMOZ.ORG. Che esisteva più o meno fin dal principio del Web.

DMOZ.ORG era un motore di ricerca in cui editor volontari si prestavano a esaminare “a mano” i siti candidati, includendo solo siti interessanti e scartandone in grande quantità. Per la severità dei criteri di valutazione e la ovvia lentezza di inclusione, essere presenti su DMOZ era diventata una specie di riconoscimento worldwide.

Un capitale SEO da valorizzare

Non qualsiasi sito compariva su DMOZ. E con il passare del tempo disporre di un inbound link da DMOZ verso il proprio sito era diventato un vero e proprio capitale SEO da custodire e valorizzare, riconosciuto e apprezzato ufficialmente anche da Google.

Non essendo DMOZ molto conosciuto né comunemente utilizzato, ma essendo molto importante dal punto di vista SEO, ottenere un link da DMOZ per il sito del proprio cliente era un’ottima chicca SEO che si vendeva molto bene. Fino a settimana scorsa, io stesso includevo nella mia proposizione di offerta SEO la possibilità di ottenere una indicizzazione su DMOZ.ORG come un fattore distintivo. E ne parlavo molto bene come strumento di Link Building nel SEO.

America On Line chiude DMOZ

Dal 14 Marzo 2017 America On Line, l’attuale proprietario di DMOZ, ha deciso di chiudere DMOZ senza troppo preavviso. E in effetti ora è chiuso e non più funzionante. Presumo che i relativi link ora non esistano più, che siano stati rimossi dalle valutazioni Google. In definitiva, lo sforzo fatto sui miei siti per aderire agli standard DMOZ, e ottenere il link dalla directory, sono andati letteralmente in fumo.

La chiusura di DMOZ è stato un colpo piuttosto duro. Mi ha fatto capire molto bene l’aspetto più crudo del concetto di intangibilità dei beni e servizi digitali; che, tra le altre cose, significa anche che qualsiasi sforzo e investimento tu abbia fatto su Web, può sparire in un minuto.

“A good riddance”?

Ho parlato della chiusura di DMOZ in un gruppo specifico SEO di Linkedin, chiedendo ai lettori che cosa ne pensassero. E qui ho avuto un’ulteriore sorpresa. Almeno metà dei commenti erano riassumibili in “good riddance”, ovvero “ottima liberazione/pulizia”. Molti esperti SEO consideravano cioè l’accaduto come una buona cosa, considerando DMOZ un’operazione corrotta, facilmente influenzabile, inadatta ai tempi, lenta, inutile, e spesso condizionata da azioni e ritorsioni tra concorrenti per ostacolarsi a vicenda. E forse il motivo (mai reso ufficiale) per cui AOL ha deciso di chiudere DMOZ si riconduce a queste considerazioni.

Cogliere questa tendenza è stato davvero sorprendente per chi, come me, ha da sempre concepito DMOZ come un valore importante del web. Forse eterno e inattaccabile. Ma invece le cose cambiano. DMOZ ha chiuso in una settimana, e le energie in esso investite ora sono scomparse.

2. Violazione dell’account di Facebook

Domenica mattina mi sono alzato presto e ho trovato sul cellulare un addebito sulla mia carta di credito di circa 250$ da parte di Facebook. Sorpreso, in quanto non avevo in quel momento attiva nessuna operazione, verifico e effettivamente trovo attive sul mio profilo business Facebook due pubblicità. Pubblicità di borsette da donna scontate al 70% , diffuse con il mio account Instagram, che linkano a siti thailandesi e americani. La pubblicità era attiva su Instagram (se volete fare adv su Instagram dovete farla con un account Facebook).

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La pubblicità fraudolenta della quale sono stato vittima

Bloccare tutto

Una volta che ho realizzato che il mio account Facebook Business era stato violato e che erano state attivate due campagne da 300$/gg, le ho ovviamente bloccate; ho cambiato la password di Facebook; ho sentito la banca che mi ha consigliato di bloccare la carta di credito, cosa che ho fatto. Ho iniziato immediatamente a segnalare la cosa a Facebook. Ma devo dire che:

  1. Non è per nulla semplice capire dove e a chi rivolgersi a Facebook per frodi, anche per chi ha un account business.
  2. Per due lunghi giorni non ho avuto alcuna risposta alle mie segnalazioni. Un’eternità, nel business digitale.
  3. Normalmente, l’avvio di una campagna su Facebook, e la conseguente fatturazione, comporta una valanga di email di avviso, cosa che invece in questo caso non è avvenuta; non ho cioè ricevuto una virgola di avviso da Facebook sulle “mie” adv in partenza e in addebito.

Solo il martedì mi è stato consigliato di fare una chat, nella quale “Giovanna di Facebook”, che non si qualifica in altro modo, mi assicura di non preoccuparmi, che verranno “svolte indagini dal team apposito” e che “se è vero che è stata una violazione, verrò rimborsato”.

(quasi) Tutto rimborsato

Fortunatamente, il giorno successivo ho risposta positiva dal “team di indagine”, e il venerdì ottengo il rimborso dell’intera cifra espressa in dollari, che nel frattempo essendosi ridotto rispetto all’euro, mi ha comportato un mancato rimborso di 6 €. Non ho avuto altre informazioni sulla circostanza di violazione da Facebook.

Chiusa la cosa, decido di fare peccato, e pensare qualcosa di brutto. Dubito fortemente che qualcuno abbia indovinato la mia login e password di Facebook (che mi pare fossero abbastanza sicure), che si sia introdotto e abbia attivato a mano delle adv a caso, evitando di far partire mail di conferma. Penso invece alla inconfessabile possibilità che siano stati violati i server adv di Facebook, e le adv siano state attivate attraverso dei programmi automatici, assegnando per il pagamento un account a caso, cioè il mio.

Recuperare la fiducia nel sistema Facebook

Come recuperare, allora, la fiducia nel sistema Facebook? Come ricominciare il lunedì successivo a incontrare i miei clienti e raccontar loro delle ottime opportunità nella pubblicità sui social media, su Instagram e Facebook? Dopo che il mio stesso account ha subito un attacco, e tutto sommato non sono stato strabiliato dalla efficienza nella gestione del problema da parte di Facebook?

La soluzione sta nella completezza dell’approccio e nella professionalità nella comunicazione digitale. Prevedere la tua strategia digitale significa prevedere anche che la sicurezza dei tuoi account sia garantita e sorvegliata. Come? Anzitutto producendo credenziali di accesso di buon livello, regolarmente aggiornate e ben sorvegliate. E poi assicurandosi di avere inserito meccanismi efficienti di controllo spese. Il fatto che mi fossi accorto dell’intrusione solo un giorno dopo mi ha consentito di contrastare immediatamente la situazione e di ottenere un ripristino entro pochi giorni.

Mi è rimasta, tuttavia, la sensazione che avviare adv su Facebook sia una operazione che contiene una certa dose di rischi e problemi in luoghi in cui non mi sarei mai aspettato di trovarli: nell’addebito di operazioni fraudolente e nell’assistenza, forse troppo veloce a fatturare, e forse un po‘ lenta ad assistere.

3. Il negozio di gioielli che affossa l’e-commerce

Prima di entrare in un negozio di buon livello per un acquisto importante, talvolta mi capita di verificare in anticipo se dispone di un sito, come gestisce i canali social media, se ha un e-commerce, eccetera. Se con il titolare si crea una buona chimica, ne parlo e, se opportuno, mi presento come consulente e gli propongo la mia disponibilità per pensare la sua comunicazione digitale.

Ieri mi sono recato da un gioielliere specializzato in gioielli d’argento artigianali e personalizzabili. Il marchio presentava una eccellente capacità di gestione Facebook e Instagram, ma niente sito web o e-commerce. Sono andato sul discorso con il titolare, e ho chiesto se fosse interessato a sviluppare un sistema di e-commerce. Vi riporto approssimativamente la sua risposta qui di seguito.

“Un e-commerce al giorno d’oggi non serve più”

La risposta del gioielliere: “Ci abbiamo pensato a fare e-commerce. Ma secondo me è inutile. Fare un e-commerce è un costo. Anche mantenerlo è un costo: canone, aggiornamenti, etc.  Devi seguirlo. Devi scrivere e aggiornare. Poi, una volta che lo hai fatto non è automatico vendere. Devi ‘pagare’ per essere primo su Google, e sono costi continui. Anche la vendita è soggetta a spese. Invece, su Facebook e Instagram, ci è bastato esserci, e subito abbiamo avuto molto traffico. Che si è trasformato in clienti. Per me va bene così. Ormai, al giorno d’oggi, un e-commerce non serve più.”

Ho ascoltato, e ho lasciato cadere la cosa. Ma mi sono portato a casa la sua riflessione, che penso sia la medesima riflessione che è in testa a moltissimi imprenditori di piccole aziende, negozi e catene.

Una visione parziale, troppo rischiosa

Credo di avere ascoltato una visione parziale, assente di una visione complessiva e lungimirante. Facebook e Instagram vanno visti come due singoli componenti particolari di una comunicazione digitale che deve essere ripartita, distribuita, multicanale, proprio per evitare di legarsi troppo strettamente ad un solo strumento, ad un solo canale, ai suoi rischi e alle sue specificità.

Che succederebbe al tuo business legato a doppio filo a Facebook se per caso Facebook stesso ti inibisse l’accesso (come è talvolta successo anche a me)? E se ti capitasse una violazione dell’account, o un cambio di password che ti rendesse inaccessibile l’account? Qualora raggiungessi qualche migliaio di follower, sai che le comunicazioni Facebook della tua pagina non potranno essere raggiunti mai tutti, perché c’è bisogno di una campagna adv a pagamento per raggiungerli tutti? Vuoi dipendere completamente da Facebook per ricontattare ogni volta i tuoi clienti in digitale? E, non succederà, ma se in una settimana Facebook scomparisse? Io fino a un mese fa avrei giurato che DMOZ.ORG non sarebbe mai scomparso. Che ne sarebbe dei tuoi contatti e dell’energia immessa per ottenerli?

Gli strumenti di comunicazione digitali cambiano. Riduci il rischio

Accanto a un canale Facebook e Instagram, disporre di un sito attivo, un e-commerce, una newsletter, un elenco di email, una presenza organica ben consolidata su Google, altri canali social professionali attivi, etc. significa distribuire e gestire il rischio della tua attività, consolidando il tuo capitale dei contatti e il tuo capitale speso nella comunicazione digitale. Avere più canali attivi non è uno spreco di energie o di quattrini. Semplicemente è come attivare una squadra di professionisti, ciascuno con diverse capacità e obiettivi, invece di attivare un solo canale, che significa solo sperare che quell’unico canale vada bene sempre, incrociando le dita.

Ma pensate anche alla difficoltà di esportare i contatti Facebook o Instagram in qualsiasi altra forma. Per una copia, per un backup, per altro tipo di contatto. Impossibile. E pensate alle difficoltà di tenere aggiornato quell’elenco nel tempo. Pensate alla difficoltà di accedere vecchi post. O di riarticolarli in altro modo.

Ciò a cui sto pensando e che desidero esprimere è che certi canali social media sono progettati anche e soprattutto per scoraggiare un uso dei contatti fuori dallo strumento stesso. Da una parte, usare per il proprio business un singolo canale social media è una soluzione comoda e rapida all’avvio. Ma in ottica di medio e lungo termine mi pare molto rischiosa, molto poco flessibile e poco lungimirante.

Una strategia digitale multicanale salva la vita (del tuo business)

Credo, insomma, di avere avuto da questa settimana tre forti segnali nella stessa direzione: è necessario diversificare; attivare diversi canali, e non contare su uno solo. Perché senza particolare preavviso uno o più di questi strumenti potrebbe tradire in qualche modo la tua fiducia, oppure cambiare radicalmente o addirittura cessare il proprio funzionamento, e questa situazione non ti dovrà trovare sguarnito o impreparato.

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Alberto Pozzi, Web Manager, progetta e sviluppa soluzioni web e progetti digitali per aziende. Si occupa di strategia digitale, web project management, siti responsivi, social media, progetti SEO, eCommerce, content management.


Tags: digital strategy, eCommerce, Strategia Digitale, Strategia eCommerce
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Consulente di comunicazione digitale. Mi occupo di Strategia e Comunicazione Digitale. Web & Digital Manager, SEO, eCommerce, Content, Social Media. Songwriter, Guitar Player, e poi comunque guardo un po' tutto.

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ALBERTO POZZI

Alberto Pozzi

Alberto Pozzi, Web Manager / Digital Project Manager: svolgo professionalmente attività di consulenza e strategia digitale dal 1995. Coordino progetti di creazione siti web, e-commerce e di promozione siti internet, nonchè di posizionamento sui motori di ricerca (SEO), social media, e produzione di contenuti (testi, foto, video).

Ho particolare esperienza nella comunicazione di temi di Interior design, per Studi di Architettura e Arredamento, Pubblica Amministrazione, Turismo e Viaggi, Food & Wine, Sport e Eventi, Brand aziendali.

Songwriter iscritto alla SIAE, compongo brani blues, folk, country.

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